top of page

A' carne sotto e maccarun n'goppa!

A Napoli c'è un vecchio modo di dire che si usa per esprimere ironicamente un paradosso da non credere, ovvero "a carne sotto e maccarun n'goppa" (allusione al primo e al secondo piatto che seppur ingeriti in quest'ordine, nel nostro stomaco si ritrovano invertiti). L'espressione nasce per manifestare metaforicamente l'incredibilità davanti ad un fatto ovvio ma da qualcuno mistificato nel falso. Nessun'altra allegorica espressione avrebbe potuto riassumere il mio stupore dinanzi a questo:   

Secondo la ricerca proposta sulla prima pagina nella sezione "CULTURA" di un noto rotocalco nazionale, i reali e gli uomini di corte, cercarono e trovarono appoggio nella neonata malavita organizzata siculo campana, per fronteggiare le truppe nemiche. Certo! Prima di lasciare spazio alle fonti storiche faccio un breve conteggio personale sulle truppe di terra impiegate nel Regno delle Due Sicilie durante i giorni dello sbarco a Marsala del Signor Garibaldi Giuseppe. Per le mille (presunte) unità sbarcate in Sicilia sul fronte Piemontese, l'esercito DuoSiciliano disponeva nella sola Catalafimi di 4.000 soldati. Quando i garibaldini si unirono ai "picciotti" della mafia (lascio che di questo siano le fonti a parlare nelle successive righe) e diventarono 3.000 unità a loro volta, l'esercito borbonico di stanza in Calabria era di oltre 10.000 uomini. Con una proporzione continua di circa 3 uomini a 1, i Borbone avevano INDUBBIAMENTE l'esigenza di chiedere aiuto alla malavita camorristica, ripeto neonata e disorganizzata in ogni sua forma. Invece di raccontare storielle vogliamo adesso dar voce alle fonti storiche?

 

Procediamo:

 

"La spedizione dei Mille impressiona i contemporanei. A Catalafimi 3.000 soldati borbonici al comando del generale Landi si ritirano inspiegabilmente, dopo un'accanita battaglia che li ha visti quasi condurre e rigettare in mare i garibaldini"

 

"Garibaldi è passato in Calabria, dove sono di stanza circa 12.000 soldati del Borbone, ma ben 10.000 di essi si arrestano ancora una volta senza sparare un solo colpo a causa di comananti corrotti e collusi con il governo piemontese. Ad essi sono stati promessi avanzamenti di grado nell'esercito."

 

"Il generale Lanza, inviato in Sicilia per difendere Palermo, assiste all'entrata di Garibaldi e, dopo un inutile bombardamento, pur disponendo di forze decisamente superiori (5 a 1), firma la capitolazione econsegna la città."

 

"Intanto i mille diventano tremila e la mafia, sempre pronta a scegliere per tempo i vincitori, non manca di dare una mano con i suoi picciotti"

 

"Il generale Clary rinuncia a difendere Messina, lasciando la cittadella della città ad un manipolo di eroi della resistenza che difendono la città senza un comando ma mossi solo dallo spirito di Regia Unità"

 

"In Calabria, due navi borboniche, l'Aquila ed il Fulminante, prendono per buona la bandiera americana issata da Garibaldi. La ciurma si ammutina e rinchiude nella stiva gli ufficiali che, praticamente, hanno dato il via agli invasori. Il caso finirà poi davanti al tribunale militare che ovviamente condannerà la ciurma per insubordinazione ed assolverà gli ufficiali traditori."

 

"Il colonnello Dusmet, per difendere Reggio Calabria, disobbedisce al suo comandante, generale Gallotti, il quale inspiegabilmente aveva impartito l'ordine di non sparare sui garibaldini. Gallotti poi si arrende senza neppure tentare di difendere le sue posizioni."

 

"Il generale Briganti non interviene e viene addirittura linciato dai suoi soldati, ai quali un atteggiamento del genere pare incomprensibile"

 

E non tedio voi lettori ulteriormente citandovi la lunga lista di funzionari corrotti dal contrammiraglio piemontese Persano per assicurarsi un comodo ingresso nella Napoli capitale. 

 

fonti storiche:

 

Storia generale, Alvares 1880;

L'Italie Rouge, 1875;

Quistioni d'Italia, 1884;

Meditazioni sopra le cose d'Italia, 1891;

Ammaestramenti di storia moderna, 1895;

Gli ultimi trentasei anni del Regno di Napoli, N. Nisco 1889;

Storia del Reame di Napoli dal 1824 al 1860, A. Guida 1908.

 

La storia non merita di essere raccontata da coloro che non sono all'altezza morale di farlo!

 

di Giuseppe Di Stadio

 

bottom of page